Cos’è lo spread? Ci siamo posti questa domanda in un momento in cui questa parola era in prima pagina su tutti i giornali.
Roma, Palazzo Chigi, 16 novembre 2011.
Un uomo di 75 anni, Silvio Berlusconi, 4 volte Presidente del Consiglio, cede il posto di Primo Ministro italiano ad un accademico che era stato nominato senatore a vita appena 7 giorni prima: Mario Monti.

Il mandato di Mario Monti a formare un Governo è avvenuto in un clima ambiguo, in cui l’Europa voleva commissariare l’Italia, ma Berlusconi non voleva cedere ad un ingresso estero per salvarla (la cosiddetta troika).
Sembrava che i conti pubblici del Paese dovessero collassare da un momento all’altro, e che ogni minuto fosse prezioso per evitare un fallimento dello Stato.

C’è chi pensa che la caduta del quarto governo Berlusconi sia stata una manovra di palazzo, e che a tessere la tela di questo complotto ai danni del Cavaliere sia stato l’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Il governo Monti rimase in carica per i successivi 529 giorni, ovvero 1 anno, 5 mesi e 12 giorni.
Lo spread si abbassò, e oggi se ne parla molto meno.
Ma cos’è lo spread?
Pur sembrando un concetto estremamente tecnico, misurato in “punti”, in realtà lo spread non è altro che una differenza (ovvero una semplice sottrazione).
In inglese, infatti, spread può significare anche distanza, intervallo.
Prima di parlare dello spread, è doverosa una premessa sul concetto di debito pubblico.
Il debito pubblico
Quando si parla di debito pubblico, questo non è altro che il debito contratto da uno Stato sovrano quando emette dei titoli di stato (nel caso dell’Italia i famosi BOT, BTP, CCT).
Sui titoli emessi, viene calcolato un certo interesse, in percentuale alla quota capitale (con le dovute eccezioni e differenze, ad esempio i BOT hanno una scadenza inferiore ad un anno, tipicamente 3, 6, 12 mesi, e non contemplano le cedole).
Perché lo stato emette titoli?
Se lo Stato riesce a coprire tutte le sue spese con il gettito fiscale (ossia con quanto incassa dalle tasse), non ha alcun motivo di emettere titoli di debito.
Lo Stato lo deve fare quando le sue spese (la spesa pubblica)sono più alte delle sue entrate (il gettito fiscale).
In quel caso, per far fronte ai propri obblighi, lo Stato chiede in prestito dei soldi, dando questi titoli in cambio.
In altre parole, promette al risparmiatore che ripagherà il debito entro una certa data, con in aggiunta gli interessi.

Il rendimento dei titoli di stato
Fatta questa doverosa premessa, si capisce che maggiore è il tasso di interesse pagato sui titoli di stato, maggiore è il ‘costo del debito pubblico’.
L’ammontare di interessi che lo Stato deve pagare per collocare i titoli (ossia per far sì che i consumatori li sottoscrivano)dipende dal rischio percepito dai consumatori.
Se penso che un investimento sia rischioso, voglio essere pagato di più. Se invece penso che un investimento sia relativamente sicuro, mi accontenterò di essere pagato di meno per i soldi che cedo in prestito.
Si tratta di una correlazione tra rischio e rendimento:
- Rischio alto – rendimento alto;
- Rischio basso – rendimento basso.
Tanto più alta è la possibilità che uno Stato vada in default (o comunque la possibilità percepita dagli investitori), tanto maggiore sarà il tasso di interesse che uno stato dovrà pagare sui suoi titoli per collocarli nel mercato (cioè per trovare investitori disposti ad acquistarli, dato il maggiore rischio derivante dalla posizione economica precaria dello Stato emittente).
Per dirla in parole povere, se io so che l’Italia è uno Stato solido, ha i conti a posto, ed è molto difficile che fallisca, l’investimento è relativamente sicuro, il rischio è basso, quindi io presterei soldi all’Italia (comprando i suoi titoli di stato)chiedendo in cambio un interesse basso (commisurato al rischio).
Se invece penso che l’Italia sia sull’orlo del fallimento, potrei anche decidere di prestare dei soldi all’Italia (comprando i titoli), ma in cambio vorrò ricevere un tasso di interesse molto più alto (visto il rischio maggiore).

Cosa è lo spread?
Lo spread non è altro che la differenza tra il rendimento (o interesse) tra due titoli dello stesso tipo e durata, uno dei quali è preso come riferimento.
Quando in Italia lo spread la faceva da padrone sui titoli di giornale, si parlava di spread BTP/BUND, ovvero della differenza di rendimento dei titoli italiani a 10 anni (BTP)rispetto al rendimento dei titoli omologhi tedeschi (ritenuti più sicuri).
Lo spread è misurato in punti base.
Per fornire un esempio, nel giorno in cui questo post fu scritto (8 gennaio 2016), il rendimento dei BTP italiani a 10 anni è 1,57 %, mentre quello dei BUND tedeschi a 10 anni è 0,55 %, dunque lo spread è di 102 punti base (che, in pratica, sarebbe lo 1,02 %).
Significa che lo Stato Italiano paga il suo debito lo 1,02 % in più dello Stato Tedesco.
Numerose soluzioni sono state proposte, per risolvere la crisi dei debiti sovrani, che è di difficile risoluzione specie nei Paesi dell’Eurozona, che non hanno la possibilità di stampare moneta.
Una soluzione da tenere in conto è quella proposta dagli economisti Philip Pilkington e Warren Mosler: i Tax-Backed Bonds.