Abbiamo già parlato del modello Toyota e del Toyota Production System in questo post.
Qui ci concentriamo invece su una domanda precisa: il modello Toyota è stato un’innovazione, nel senso di cambiamento del modo di intendere la fabbrica e la produzione, oppure si posizione in continuità con il modello fordista-taylorista?
Passiamo in rassegna alcuni punti di vista sull’argomento, per poterci fare un’idea di cosa ha rappresentato il modello Toyota negli studi manageriali.
Prima di Toyota: il modello fordista-taylorista
Il modello fordista-taylorista ha funzionato bene, e a lungo, e si basa su diversi concetti, che riassumeremo qui soltanto per sommi capi (abbiamo già dedicato un post al taylorismo).
Prima della crisi petrolifera (1973)la produzione era su larga scala. Non c’era limite alla domanda di mercato, quindi tutti gli sforzi della fabbrica si concentravano sul lato dell’offerta: produrre quanti più esemplari possibili, in modo da spalmare i costi fissi, con un livello di personalizzazione minimo o nullo.
Famosa è la frase di Henry Ford, riguardo al modello T
You can have any color as long as it’s black.
Henry Ford
Potete averla di qualsiasi colore, l’importante è che sia nera.
Il mercato, nel periodo storico in cui sia Ford che Taylor hanno coniato le proprie idee, non conosceva contrazioni, e i consumatori non avevano gusti differenziati né pretese di personalizzazione.
In questo contesto Taylor concepì il concetto di organizzazione scientifica del lavoro e di one best way.
Ford, dal canto suo, aveva creato a Dearborn un complesso industriale, River Rouge, con un’unica linea di distribuzione centrale (la High Line)lunga tre quarti di miglio (1,2 chilometri)destinata a far affluire i materiali a tutti i diversi reparti produttivi.
La sfida di Ford era la piena sincronicità della fabbrica, vista come un polmone che respirava, e scandiva la produzione, con merci che entravano, ed uscivano al ritmo del respiro.
Alcuni punti di vista
Il modello Toyota come rottura con il modello fordista-taylorista
Alcuni studiosi vedono il modello Toyota come un’innovazione assoluta, in totale rottura con il sistema precedente.
Il più noto di essi è Benjamin Coriat, che ha coniato il termine di ohnismo (dal nome di Taiichi Ohno, padre del Toyota Production System), alla stregua del termine taylorismo coniato per il collega statunitense.
Secondo gli studiosi favorevoli ad un’interpretazione di rottura del modello Toyota, questo ha la stessa potenza del modello fordista-taylorista, e la stessa possibilità di essere applicato a contesti diversi, rappresentando ciononostante una rottura netta con il precedente sistema, in particolare per l’approccio di pensare all’inverso.
Ripensare l’organizzazione del lavoro. Concetti e prassi del modello giapponese
B. Coriat
Dedalo editore
1991
Il modello Toyota come continuazione del modello fordista-taylorista
Altri studiosi, al contrario del già citato Coriat, hanno ravvisato nel modello Toyota nient’altro che una riedizione dei principi di Taylor e di Ford, applicati in un contesto favorevole, come quello giapponese.
È il caso di Dohse, Jürgens e Malsch.
Dal «fordismo» al «toyotismo»? L’organizzazione sociale dei processi di lavoro nell’industria automobilistica giapponese
K. Dohse, U. Jürgens, T. Malsch
In «sociologia e lavoro» n. 34, 1988, pag. 112
Analogie con il fordismo-taylorismo
A ben vedere, è possibile ravvisare alcune analogie tra l’approccio di Ford e di Taylor, e l’approccio di Ohno.
Come abbiamo giò accennato, il sogno produttivo di Henry Ford era quello di una fabbrica sincronica (H. Ford, “Il mio amico Edison”, Bollati Boringhieri, Torino 1992).
Ford non ha potuto vincere la sfida della piena sincronicità non per mancanza di volontà, ma perché i mezzi tecnici disponibili al tempo rendevano possibile il sincronismo delle fabbriche soltanto per produzioni altamente uniformi (come quella del noto modello T).
Ad un certo punto, però, il mercato cominciò ad essere più esigente, grazie anche alla spinta competitiva di colossi come la General Motors. Ford dovette gioco-forza frammentare il processo produttivo.
Processi parziali sempre più difficili e specifici resero la sincronicità, al tempo, impossibile.
Ohno alla Toyota non ha fatto altro che realizzare il sogno di Ford, con mezzi tecnici adeguati.
In questo senso Ohno è, per sua stessa ammissione, il più «fordista» dei produttori contemporanei.
Taylor e il modello Toyota
Per quanto riguarda Taylor, il suo sogno era stato la forza lavoro a produttività totale.
Taylor aveva come obiettivo principale quello di ridurre drasticamente la distanza tra lavoro potenziale della manodopera e lavoro effettivo, eliminando sistematicamente ogni inefficienza, ogni falso rallentamento, gesto inutile o rallentamento deliberato dell’attività lavorativa dell’operaio.
Il mito della one best way di Taylor si basava proprio su questo. Esiste uno ed un solo modo che è il migliore per compiere ogni azione, eliminando gli sprechi.
Ohno, applica un concetto analogo non al singolo lavoratore, ma alla fabbrica nella sua interezza.
La riduzione delle scorte («zero stock»), permette di rendere visibili rallentamenti ed errori che altrimenti, in presenza di questi «polmoni» rappresentati dalle scorte, non sarebbero visibili.
Solo eliminando quegli strumenti di compensazione che sono le scorte e costringendo l’intero sistema a lavorare senza la possibilità di «nascondere» le inefficienze nelle scorte, si possono rendere visibili le disfunzioni e le loro cause, ed eliminarle.
Prima che un metodo produttivo, la pratica dello «zero stock»è uno strumento di controllo gestionale diretto ad evitare che la fabbrica possa nascondere le inefficienze attraverso la creazione di scorte.
Differenze con il fordismo-taylorismo
Sebbene, come abbiamo visto, ci siano punti di sovrapposizione importanti tra il modello Toyota e quello fordista-taylorista, non mancano anche dei punti di rottura altrettanto significativi.
Vediamoli brevemente.
Il rapporto con il mercato
Mentre, come abbiamo già detto più volte, il fordismo nasce in un momento storico in cui “la fabbrica comanda sul mercato”, e l’unico limite alle vendite è dato dalla produttività della fabbrica, il modello Toyota nasce in un contesto completamente diverso.
Il Toyota Production System è concepito per condizioni di crescita lenta, o nulla.
È salito alla ribalta proprio a partire dalla crisi petrolifera del 1973, che mise in ginocchio il mercato automobilistico.
Si ha quindi un inversione del processo decisionale: prima la fabbrica sceglieva e la società si adeguava. Ora la società sceglie, e la fabbrica si adegua.
Un chiaro segnale di questo rapporto inverso con il mercato si ravvisa nella determinazione del prezzo del prodotto.
Nel modello occidentale, si calcolano i costi di produzione e si aggiunge un mark-up (cioé l’utile), nel modello Toyota l’utile è determinato sottraendo dal prezzo di vendita i costi (cioè il consumatore ‘sceglie’ il prezzo con le proprie preferenze, e la fabbrica si adegua comprimendo i costi).
Come Ohno stesso scrive:
“[…]Alla Toyota, come in tutte le industrie, il profitto può essere ottenuto soltanto con la riduzione dei costi. Quando facciamo derivare il prezzo di vendita dalla somma del profitto con il costo di produzione, facciamo ricadere sul cliente i costi di produzione: un principio che non è più applicabile nell’industria automobilistica contemporanea.”
Lo spirito Toyota. Il modello giapponese della qualità totale. E il suo prezzo
Taiichi Ohno
Piccola Biblioteca Einaudi, 2004
Pagina 14
Le comunicazioni interne
Un altro segnale di inversione nel pensiero e nel processo decisionale risiede nel sistema di comunicazioni interne (la tecnica kanban)vera e propria anima del sistema Toyota.
Nel sistema Toyota la comunicazione procede da valle a monte (esattamente all’opposto del sistema fordista).
Abbiamo già parlato del kanban in questo post.
Il rapporto con la forza lavoro
Nel modello fordista-taylorista c’è una «dualità», che contrappone operai e manager. Fase di progettazione e di esecuzione dei compiti. Le due unità sono viste come entità distinte e non uniformabili.
Il modello Toyota, invece, richiede all’operaio fedeltà. L’operaio viene inglobato nella fabbrica, diventa tutt’uno con essa.
Nel modello Toyota, l’unica soggettività possibile si ha con la fusione tra impresa e tutti coloro che a qualsiasi titolo ne fanno parte. L’appartenenza alla fabbrica è l’unica soggettività possibile.
Applicabilità del modello Toyota in altri contesti
L’applicazione del modello Toyota ad altri mercati è stato limitato, ibrido, soprattutto per il fatto che il modello Toyota è nato in un mercato fortemente caratterizzato, e con specificità profonde, come quello giapponese.
Dunque il modello è stato applicato anche in occidente, ma in modo parziale, “aggiustato” alle esigenze dei vari luoghi, un po’ come accadde a suo tempo con il fordismo ed il taylorismo.
Potete trovare maggiori informazioni sul tentativo di fare della FIAT una «fabbrica integrata» in questo articolo:
La fabbrica integrata
Giancarlo Cerruti
Spero questo articolo vi sia stato in qualche modo utile.
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