Il reddito universale è come “La corazzata Potëmkin”

In questo post parliamo di reddito universale, partendo da una citazione:

«Il potentissimo professor Guidobaldo Maria Riccardelli era un fanatico cultore del cinema d’arte. Una volta la settimana obbligava dipendenti e famiglie a terrificanti visioni dei classici del cinema.
In vent’anni Fantozzi ha veduto e riveduto: “Dies irae” di Carlo Teodoro Dreyer – sei ore –, “L’uomo di Aran” di Flaherty – nove tempi –, ma soprattutto il più classico dei classici, “La corazzata Kotiomkin” – diciotto bobine – di cui il professor Riccardelli possedeva una rarissima copia personale.»

Cosa c’entra Fantozzi con il reddito universale?

Se sei nato prima dei duemila, sai di cosa sto parlando, e probabilmente hai visto più volte la scena epica tratta da “Il Secondo Tragico Fantozzi“.

Se non sai di cosa sto parlando, ti consiglio di andare QUI.

La scena si svolge pressappoco così:

All’ennesima proiezione de “La corazzata Potemkin“, cui i dipendenti sono costretti ad assistere mentre fuori si gioca la partita Italia-Inghilterra valevole per la qualificazione al campionato del mondo, la tensione è al culmine.

Fantozzi chiede di prendere la parola dopo la proiezione.
Si avvicina al palco, e grida a pieni polmoni:

La Corazzata Potemkin è come il reddito universale

«Per me La corazzata Potemkin è una cagata pazzesca»

92 minuti di applausi

Oggi sarebbe opportuno che, metaforicamente, qualcuno si alzasse in quella sala che è il blog di Beppe Grillo e gridasse la stessa cosa riguardo al reddito universale.

Il comico genovese nel suo blog rilancia l’idea di un reddito universale, ora e subito:

Grillo aveva già parlato di questa possibilità, in un altro post del 2018:

Vediamo di cosa si tratta, i pro e i contro del reddito universale, e perché (secondo chi scrive)questa proposta è totalmente da rigettare.

Cos’è il Reddito Universale?

Il reddito universale (Universal Basic IncomeUBI)è una somma da stanziare a TUTTI i cittadini di uno Stato, senza ulteriori requisiti.

È quindi un reddito che verrebbe dato a chi ha un lavoro, e a chi non ce l’ha. A chi è ricco e a chi è povero. A uomini e donne. Insomma, a tutti!

Questo è il concetto di reddito universale puro. Ci sono poi delle definizioni temperate, modificate, affievolite.

I propositi sono di ridurre la disoccupazione tecnologica, ridurre le disuguaglianze, dare più potere contrattuale ai lavoratori e tanto altro.

Tanti buoni propositi, ma nella prima lezione di economia abbiamo imparato che dobbiamo osservare le cose per come sono (questioni positive), non per come vorremmo che fossero, o dovrebbero essere (questioni normative).

Nel seguito del post mi riferirà al reddito universale con l’acronimo inglese UBI, per brevità.

È un’idea nuova?

In realtà no!

L’idea circola già da molti anni, ma negli ultimi tempi è tornata alla ribalta, anche grazie alla proposta di Andrew Yang, candidato alle primarie democratiche negli Stati Uniti, di dare un reddito universale a tutti gli americani dai 18 anni di età in su.

Il dibattito si è riacceso, tanto che si sono svolte diverse ricerche, anche da parte di istituti prestigiosi.

È persino nato un centro con lo scopo di raccogliere un robusto supporto all’idea dell’UBI: l’UBI Center.

Philippe Van Parijs

Già nel 1992 l’economista belga Philippe Van Parijs parlava in modo favorevole dell’UBI in un paper dal titolo:
Basic Income Capitalism

Van Parijs è uno dei principali sostenitori dell’UBI. Nel seguente TedTalks (in inglese), parla proprio dell’UBI come lo strumento della libertà:

Van Parijs cerca un’alternativa al capitalismo così come lo conosciamo, e gli viene l’idea di un ‘Reddito di base incondizionato’.

In che senso incondizionato? In tre sensi:

  1. Incondizionato nel senso di strettamente individuale: non bisogna guardare a quale famiglia appartieni, di quante persone è composta ecc… Il reddito viene dato a ciascun individuo, a prescindere
  2. Universale: nel senso che non dipende da quanto si guadagna. Il reddito viene dato a ricchi e poveri ugualmente.
  3. Senza limitazioni, nel senso che lo stato non deve verificare se una persona è capace o incapace di lavorare, oppure se stia cercando o meno lavoro, per dare il reddito.

Questi tre punti, rendono chiaro il fatto che l’UBI è differente dall’assistenza come la intendiamo oggi (il welfare state).

Van Parijs dice che con l’introduzione di un reddito universale, certi lavori che al momento non esistono o non sono sviluppati perché pagano poco diverranno possibili(e a questo punto Van Parijs dovrebbe farsi un’ulteriore domanda, che invece non si pone: perché questi lavori pagano poco?).
Inoltre altri lavori dovranno essere pagati di più per far si che un adeguato numero di persone vogliano farli (un’altra domanda che Van Parijs salta: da chi dovranno essere pagati di più?).

A un certo punto, l’economista belga si spinge a citare Marx (ovvero tira giù la maschera), e dice che il capitalismo sarà radicalmente cambiato con l’introduzione dell’UBI, secondo il motto marxista:

” Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni “

(1875), Critica del programma di Gotha

Studi e articoli sul reddito universale

Come si è detto, ci sono numerosi articoli e studi approfonditi sull’UBI e sulla possibilità di introdurlo (nella sua forma pura, oppure soltanto in alcune circostanze). Ne riporto qui alcuni (molti dei quali in inglese).

Articoli sul reddito universale

Studi e papers sul reddito universale

Perchè sono contrario al reddito universale

Di per se la proposta del reddito universale è difficile da criticare: ogni inizio del mese ci si sveglia la mattina, e ci si trova sul conto 1.000 €, senza aver fatto niente.

Chi potrebbe essere contrario ad avere 1.000 € da spendere ogni mese, senza nessun problema?

Facciamo un bel respiro, e proviamo a porci alcune altre domande.

Chi paga il reddito universale?

Il reddito universale verrebbe pagato dallo Stato, ovviamente.

Questo pone una successiva domanda: chi paga lo stato?

Risposta: i contribuenti. Dunque lo Stato ha due possibilità per trovare le risorse (i soldi) per pagare questo reddito:

  1. Ridurre la spesa
  2. Aumentare la tassazione (e quindi il gettito fiscale).

Ci sono diversi studi sull’impatto quantitativo che un provvedimento del genere avrebbe.
Alcuni dicono anche che sarebbe a costo zero (in questo caso, nulla in contrario, a parte tanto scetticismo motivato dalla storia).

Ma a prescindere da quanto costerebbe l’operazione, in quanto libertario, penso che questo sia un problema di principio: non credo sia giusto che lo Stato, ti tolga dalle tasche dei soldi senza un tuo consenso (salvo rare eccezioni).

Questa opinione, ovviamente, vale anche per altre politiche dello Stato, alle quali si aggiungerebbe l’ennesima proposta del reddito universale.

Se certi lavori vengono pagati di più, cosa succede?

Il proposito dell’economista Van Parijs è poetico: non saremo costretti a fare certi lavori, a meno che non verranno pagati di più.

Ma noi sappiamo qualcosa di economia, sappiamo che se quei lavori vengono pagati di più, il costo per le imprese sale. Abbiamo studiato il modello della domanda e dell’offerta, e sappiamo che questo determinerebbe uno spostamento della curva di offerta verso il basso.

Ci sarebbe minore quantità consumata di quel bene, e a un prezzo più alto.

Insomma, l’introduzione dell’UBI non è privo di conseguenze.
Molti beni finirebbero per costare di più (quindi il potere d’acquisto derivante dall’UBI, di conseguenza, scenderebbe).

Il reddito universale combatte la disoccupazione?

I sostenitori del reddito universale lo propongono come un modo per combattere la disoccupazione tecnologica.
Tuttavia, per definizione, il reddito universale è un modo per pagare chi è disoccupato.
Non gli si da un lavoro, gli si danno soltanto dei soldi.

Qual è la differenza?
Il denaro misura la remunerazione di qualcosa. Se una penna costa 1 €, il prezzo non è stabilito a caso. Include tutti i costi che sono stati necessari per produrre quella penna, più il profitto.
Nel caso del reddito universale, i soldi non hanno una contropartita. Non sono la misura di qualcosa che si è prodotto.

Urbi et orbi: credo nel capitalismo

Infine, personalmente credo che il capitalismo sia il modo migliore di organizzare una società. Inoltre, credo sia l’unico che possa garantire la libertà.

Se si scava più a fondo negli slogan, si capisce che molte politiche che vengono spacciate per egalitare, servono soltanto a creare sacche di potere, in mano a persone che hanno un’idea confusa, o quanto meno discutibile della libertà.

Ma questa è un’altra storia.

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